È notte ancora.
Fa freddo.
Cinque e mezza del mattino.
Dopo tante ore spese a guardare il tempo del sonno
scorrere via.
E adesso ti guardo.
E guardo tutti i bagagli stesi a terra.
Tutte le cose che vorrei caricarti addosso.
Per partire finalmente in questo giorno di libertà.
Per partire assieme.
Ma sei così smilza, con quella sella striminzita.
Dove l'attacco tutta sta roba.
Lascerò a casa la lattina dell'olio.
Il materassino gonfiabile. E la pompa per gonfiarlo.
Le magliette le porterò nere,
così puzzeranno uguale ma si sporcheranno di meno.
O così sembrerà.
La tuta antipioggia non serve e porta pure sfiga.
Come pure la bomboletta per i buchi.
Penso. Rismonto la borsa, poi ricomincio.
Blue jeans, stivali, la giacca di pelle e due magliette.
La barba la faccio quando torno.
Ed ora sono seduto su sto ferro che mi piace tanto.
Chiudo gli occhi un momento. Penso.
A strade sconosciute che porteranno dove nessuno aspetterà.
Guardo in alto.
Le finestre dei palazzi sono coscenziosamente chiuse,
Dormono tutti.
L'avviamento elettrico s'impunta per un attimo.
Poi la strada si riempie del suono prepotente di sto motorone preparato
che gira al minimo sfiammando dallo scarico.
Accendo il piccolo faro
che illumina tremila chilometri d'asfalto che mi aspettano.
Un'altra avventura comincia.