Nel 2017 sono 70 gli anni passati da Hollister. 70 anni sono una vita intera, eppure è come se non fossero mai passati.
Come sia possibile che un singolo evento marginale, avvenuto in quei pochi giorni d’estate di tanti anni fa in un angolo sperduto della California possa ancora oggi influenzare in modo così diretto e rilevante comportamenti di consumo, costumi ma anche importanti scelte di vita e di valori per milioni di persone è forse materia più per sociologi ed esperti di marketing che per noi.
Ma un fatto è certo: senza Hollister la storia biker e della Harley-Davidson sarebbero state molto diverse.
Riassumiamo i fatti: nei giorni tra il 3 e il 6 luglio 1947 un gruppo di motociclisti a cui non era stato consentito di partecipare alle gare organizzate dalla AMA (American Motorcyclist Association) si diedero appuntamento poco distante, nella piccola e pacifica cittadina rurale di Hollister, poche migliaia di anime tra Salinas e San Jose, e "fecero festa".
Da questo punto la vicenda prende una piega inaspettata: da marginale evento di cronaca locale si trasforma velocemente in un’emergenza di ordine pubblico nazionale attraverso un articolo del Life, il magazine più diffuso dell’epoca negli US (ben 5 milioni di lettori, al tempo), che con toni sensazionalistici parla di una tranquilla comunità di gente perbene messa a ferro e fuoco da diverse migliaia di membri violenti e organizzati appartenenti a gang motociclistiche.
Apriti cielo: l’opinione pubblica è scossa, ha paura, chiede sicurezza e pugno duro contro questi devianti fuori controllo, questi reietti senza rispetto per le regole della società… e così il mostro è servito. La AMA si affretta a dichiarare che il 99% dei motociclisti americani sono persone perbene e rispettose delle leggi.
I motociclisti più radicali auto-organizzati in Motorcycle Club (MC) prendono la palla al balzo per sottolineare la loro distanza dalla AMA e i suoi principi convenzionali dichiarandosi orgogliosamente 1%er: così nasce la patch che ancora oggi identifica tutta la comunità mondiale dei gruppi MC.
Pochi anni dopo, nel ’53, il film Il Selvaggio, ispirato ai fatti di Hollister nella versione della rivista Life, scolpisce definitivamente nell’immaginario collettivo la figura del Biker. Un giovane, irresistibile Marlon Brando interpreta il capo dei Black Rebel Motorcycle Club, che finiscono a scontrarsi con i Beetles di Chino, interpretato da Lee Marvin, con annessa storia d’amore con la figlia dello sceriffo che cerca di redimere il bello e dannato.
Un film datato, banale se visto oggi, ma che definisce per sempre lo stile dei motociclisti fuorilegge e selvaggi (The Wild Ones appunto), consegnando di fatto alla storia Hollister.
L’aspetto misterioso della vicenda sta nello svolgimento stesso dei fatti: i Boozefighters, uno dei gruppi MC protagonisti di quei giorni, dichiara in un libro che niente di quanto raccontato sia mai avvenuto, almeno in una misura da giustificare tutto il conseguente clamore. Secondo il libro il numero dei partecipanti alla 3 giorni di baldoria alcolica furono circa 500 (contro i 5.000 raccontati da Life) e non accadde nulla di particolarmente efferato se non qualche corsa motociclistica e qualche rissa tra ubriachi.
Altro particolare non da poco: l’ubriaco a cavallo di una WLA con birra in mano circondato da bottiglie vuote della famosissima foto non risulta fosse membro di alcun Club ma solo un beone locale fatto mettere in posa per uno scatto sensazionalistico, che finì per scuotere nel profondo tante coscienze dell’America bigotta del primo dopoguerra.
Insomma, in tempo di fake news via Internet è molto probabile che il singolo evento che più di tutti ha contribuito a costruire l’immagine del motociclista ribelle non fosse altro che una vicenda marginale di cronaca locale, manipolata ad arte dai media del tempo per speculare e vendere qualche copia in più.
Ma se anche fosse così… è davvero importante? Quando una storia è così bella e romantica da diventare mito e influenzare le scelte quotidiane di milioni di persone, in fondo non è necessario che sia anche vera.