HELLS ANGELS di Hunter S. Thompson

Hunter S. Thompson e gli Hells Angels erano dei perfetti sconosciuti. Erano tempo tranquilli, tempi in cui gli Hells Angels e un giornalista freelance potrebbero creare un'amicizia.

Thompson si imbatte in nel suo libro del 1966, Hell's Angels: The Strange e Terrible Saga of the Outlaw Motorcycle Gangs, come un osservatore affascinato ma imparziale. Nonostante abbia definito gli Angels come dei "perdenti" nelle sue precedenti pubblicazioni, nel libro si occupa di smentire tutto il resto della stampa.

Nel 1966, durante la grande ondata di panico che i famigerati Hell's Angels scatenarono in California, il giornalista controcorrente Hunter Thompson comprò una moto e viaggiò per qualche tempo con i membri dell'organizzazione dei "motociclisti fuorilegge".

Il risultato fu questo diario, che ne descrive lo spirito, le pazzie e la voglia d'avventura: il mito delle Harley Davidson modificate e le leggendarie cavalcate sulla Route 66; i "colori" e i riti d'iniziazione del gruppo; le violenze vere o presunte e lo scontro con il potere; le reazioni isteriche della stampa; l'incontro con Allen Ginsberg e la scena psichedelica e pacifista.

Il clamore tutto iniziò, secondo Thompson, con un rapporto inesatto del Procuratore Generale della California. Nel 1965 il Procuratore distribuì all’America un dossier sul club motociclistico degli Hell's Angels, tribù di teste calde incontrollabili che cavalcavano bolidi su due ruote e scorrazzavano impuniti per la nazione. Il funzionario di polizia cercava di porre rimedio alla dilagante ondata di crimini commessi da questo gruppo che si stava connotando come un gruppo imprendibile, in poche parole un élite fuorilegge senza controllo. I numeri registrati a quell’epoca sulle loro scorribande sono impressionanti: gli Hell's Angels avevano collezionato in pochi anni, dal 1964 in poi, 874 arresti, due carcerazioni per ogni membro del club. Le cifre avrebbero potuto senza dubbio essere molto più grandi se gli stessi componenti del gruppo non fossero passati ad intimidire i vari denuncianti. Leggendo il dossier con i reati registrati a loro carico, sembra di trovarsi di fronte ad una vera e propria organizzazione malavitosa: dalla rapina al tentativo di omicidio, passando per razzie, stupri e ogni sorta di reato attribuibile alla violazione del comune senso del pudore.

Su 465 Hells Angels identificati, 151 di questi avevano inclinazioni criminali. Non era lo stesso di quello delle forze dell'ordine ... e sarebbe stato doppiamente edificante se i 463 fossero effettivamente esistiti quando la statistica fu pubblicata. Sfortunatamente ce n'erano meno di 100.

In una sezione chiamata "The Making of the Menace", sostiene che il successo della fama ha fatto schizzare gli Angels, per così dire, e ha innescato un potente miscuglio di paura, confusione ed eccitazione nelle città attraversate dai motociclisti.

Dopo la caratterizzazione degli Angels nei media come mero sensazionalismo, Thompson si tuffa nel compito di descrivere i bikers. Secondo Thompson erano veramente sporchi, e spesso violenti (ma, suggerisce, solo se provocati), riconoscendo che alcuni di essi sono sposati ed altri hanno addirittura una loro casa!

Tuttavia, il suo atteggiamento è di disaccordo, illegalità e antagonismo generale come normalità. Gang bang e risse a tutto campo sono esagerate, dice Thompson, ma sì, potrebbe esserci stato qualcosa del genere.

La parte migliore del libro, però, è verso la fine, quando Thompson tenta di rispondere a quella più interessante delle domande del giornalista: "Perché? Perché "Hells Angels"? Perché ora? Che cosa significa tutto questo?" Nel 1964-65, mentre infuriava la guerra in Vietnam, gli Hells Angels divennero amichevoli con Ken Kesey, lo psicologo promotrice dell'LSD e faro della contro-cultura, e la sua banda di allegri burloni.

Gli Hells Angels amavano la droga, e gli "hipsters" del ranch La Kesay amavano le droghe; per un po' le cose andarono avanti senza intoppi, con molti anche a pensare che si potesse formare un qualcosa di politico. Dopotutto, gli Hells Angels erano basati a Oakland, incastonato proprio contro Berkeley, "la cittadella del radicalismo della West Coast".

Ma invece di unirsi alla controcultura, i giovani Hells Angels (in quel momento la maggior parte aveva meno di trent'anni) ha deciso di opporvisi, minacciando e in alcuni casi mettendo effettivamente in atto violenze contro i manifestanti durante i raduni della guerra contro il Vietnam.

Allen Ginsberg (poeta statunitense, una delle figure più importanti della Beat Generation) cercava di formare, come molti dei radicali di Berkeley, un'alleanza naturale, ma non è bastato. Gli Hells Angels preferivano il fascismo al comunismo, le svastiche alla falce e il martello. Forse semplicemente non potevano gestire la possibilità di appartenere effettivamente a qualcosa di più grande.

 

"Nei termini della nostra Grande Società gli Hells Angels e i loro simili sono perdenti, abbandonati, pieni di insuccessi e malcontenti. Sono scarti della società che cercano un modo per pareggiare i conti con un mondo in cui sono solo un problema. [...] La differenza tra i radicali studenteschi e gli Hells Angels è che gli studenti si stanno ribellando al passato, mentre gli Angeli stanno combattendo il futuro. Il loro unico terreno comune è il loro disprezzo per il presente, o lo status quo".

 

La parola che Thompson sceglie per descrivere la condizione sottostante degli Angeli è forse ironica, dato che è un termine centrale nella filosofia marxista che aborriscono: alienazione.

Gli Hell's Angels erano lo specchio di una società malata, una minaccia per ogni buon borghese americano. In tutto questo, solo l’irriverente inventore del “gonzo journalism” Hunter Thompson, poteva diventare la penna di questi scapestrati su Harley Davidson.

Questo libro è il risultato dell’analisi profonda e incredibilmente coinvolgente che solo un giornalista d’azione, e con la giusta dose di pazzia, poteva creare. Per quasi un anno Thompson divenne l’ombra degli Hell’s: bevve con loro, registrò ogni sorta di violenza da loro compiuta, assistette inerme ai loro abusi fino a scivolare quasi nel baratro della conversione alla loro mistica motociclista.

Furono gli stessi componenti del gruppo che pensarono bene di sbarazzarsi del “gonzo” picchiandolo a sangue a abbandonandolo inerme su uno dei tanti terreni delle loro battaglie: la strada.

La cosa realmente incredibile, cosa che gli Hell’s Angels non capirono, è che avevano trovato in questo giornalista dell’anticonformismo un avvocato senza pari: Thompson in questo suo reportage-viaggio era stato in grado di far riflettere l’America, esaltando i lati più visibili ma volutamente tenuti nascosti dalle istituzioni americane di questi irrimediabili delinquenti su due ruote.

Mise l’accento sulla carica prettamente rivoluzionaria e fortemente libidica di questo “squadrone della morte”; il numero dei partecipanti fu incredibilmente ridotto da Thompson che, dai presunti quattrocento membri, affermò che si parlava di poco più di un centinaio di “adepti”. Il futuro autore di “Paura e disgusto a Las Vegas” riuscì inoltre a documentare come molti dei reati che vennero attribuiti agli Hell’s Angels non fossero altro che un’interpretazione di comodo per sviare dai reali autori che erano i poliziotti, anch’essi, in quegli anni, mine vaganti su due ruote.

Thompson ha dipinto uno dei quadri più realistici e irriverenti degli anni sessanta: splendidi perdenti, folkloristici autoctoni in via d’estinzione che, nonostante l’enorme stupidità, erano riusciti a creare una tacita etica di gruppo. Attraverso il suo solito stile di scrittura animalistico, uno zoologo alle prese con esemplari tra i più rari e particolari del parco animale, riesce a descrivere con eccezionale coinvolgimento e con la giusta dose di cinismo un dipinto perfetto, un’immagine innaturale ma estremamente chiara di quelli, che per un mese, sono stati la sua famiglia.

Aprendo “Hell’s Angels” ci si aspetta di trovarsi di fronte ad un reportage giornalistico, ad un ritratto sociologico contemporaneo ma scorrendo le pagine ci si rende conto di avere tra le mani un romanzo delirante, a tratti “psichedelico”, come solo il vecchio poeta dell’ “acid journalism” poteva regalarci.

 

«Quando entri in un posto dove la gente ti vede, vuoi mostrarti il più ripugnante e repellente possibile», dice un Angel. «Siamo degli emarginati totali, degli outsider contro la società. Ed è proprio così che vogliamo essere. Ci fanno ridere “le cose buone”. Noi siamo bastardi col mondo e loro sono bastardi con noi.»